Estratto dall’articolo «Colei che mostra la via»
Le immagini della Vergine insieme al figlio o nell’atto di intercedere per l’ottenimento di una grazia, sono uno dei generi piú popolari e piú venerati dell’arte figurativa di tradizione bizantina. Diffuse in Occidente – dove le troviamo spesso racchiuse in esuberanti cornici di fattura barocca – la loro realizzazione viene attribuita, dalla leggenda, all’evangelista Luca, patrono dei medici, e anche degli artisti. Ma ecco cosa ha rivelato il restauro di un piccolo capolavoro conservato in una chiesa di Roma…
Nel 1099, a Roma, ai piedi della collina del Pincio, fu eretta una cappella dedicata alla Vergine, voluta da papa Pasquale II (1099-1118), il quale si faceva interprete di preoccupazioni e paure diffuse fra la gente. In quel luogo, infatti, si diceva aleggiasse il fantasma di Nerone, le cui ceneri giacevano proprio lí, conservate in un’urna di porfido, nel sepolcro dei Domizi Enobarbi, famiglia paterna dell’imperatore. Un grande albero di noci, cresciuto accanto alla tomba, era infestato dai demoni che, sotto forma di corvi, terrorizzavano i Romani: Nerone era l’Anticristo e i corvi il suo corteggio di spiriti infernali. Consigliato in sogno dalla Vergine, il papa abbatté l’albero, rase al suolo il sepolcro e disperse le ceneri, probabilmente nel Tevere. Si diffuse in seguito la voce che fossero state trasferite fuori dalle mura cittadine, al VI miglio della via Cassia, dove il toponimo Tomba di Nerone designa tuttora l’abitato, nonché un monumento sepolcrale del III secolo, il cui titolare legittimo è però Publio Vibio Mariano, proconsole della Sardegna e prefetto della Legio II italica.
A spese del popolo romano
Il pontefice dunque avviò, a spese del popolo romano, cioè con i fondi del Senato, la costruzione della cappella – che ebbe il nome di Sancta Maria Populi Romani – nel luogo già occupato dal mausoleo neroniano. Ampliata nel 1227 da Gregorio IX (1227-1241), fra il 1472 e il 1477 fu riedificata da Sisto IV della Rovere (1471-1484). A successivi interventi, l’ultimo dei quali di Gian Lorenzo Bernini su incarico di Alessandro VII Chigi (1655-1667), si deve il suo aspetto attuale. Fra le opere d’arte che S. Maria del Popolo tuttora custodisce (la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro di Caravaggio le piú memorabili) c’è anche, sull’altar maggiore, un’antica e venerata icona, chiamata Madonna di San Luca.
Il quadro, una tempera su tavola di eccellente fattura, ha fama d’immagine miracolosa, il cui potere taumaturgico è testimoniato non solo dalla devozione popolare, ma anche dai documenti ufficiali della Chiesa, tanto che ne furono eseguite fedeli repliche, come quella commissionata a Melozzo da Forlí da Alessandro Sforza, signore di Pesaro, o quella che…(Continua la lettura sul numero di Medioevo o abbonati!!)
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Esser brutto come il peccato
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L’enigmatico Giudizio del frate pittore
MOSTRE
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Cantare il Medioevo
incontro con Vinicio Capossela e Chiara Frugoni, a cura di Corrado Occhipinti Confalonieri
RESTAURI
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Colei che mostra la via
di Mimmo Frassineti
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La marmotta di Marco Polo
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