Il cortonese Luca Signorelli ha lasciato i suoi capolavori più celebri nel «cuore verde d’Italia»: dai possenti affreschi della Cappella Nova (o di S. Brizio) nel Duomo di Orvieto alle straordinarie opere conservate nell’Alta Valle del Tevere, da Città di Castello a Montone, fino a Umbertide, Morra e Citerna. Proponiamo dunque, nel cinquecentenario della morte, un viaggio alla riscoperta di un maestro fra i più grandi della pittura italiana
Quando nel 1897 Sigmund Freud giunse a Orvieto durante il suo primo viaggio in Italia, rimase folgorato dalla vista del grandioso Giudizio Universale dipinto da Luca Signorelli nella Cappella Nova (o di S. Brizio) del Duomo, tanto da definirlo «la cosa più fantastica che abbia mai visto». In un suo saggio pubblicato l’anno seguente (Il Meccanismo Fisico della Smemoratezza) rivelava tuttavia come per lungo tempo non gli fosse stato possibile in alcun modo ricordare il nome dell’autore degli affreschi orvietani, nonostante potesse rievocare le immagini impresse nella memoria con grande suggestione e descriverne accuratamente ogni particolare.
La vicenda divenne poi un tema centrale nella ricerca psicanalitica di Freud, in relazione al meccanismo di rimozione della mente umana, divenuto poi noto con il nome di «Paraprassi di Signorelli». Ancora oggi chi varca la soglia della Cappella Nova vede spalancarsi tutte intorno le pareti della grande scenografia signorelliana, in cui prende vita quella drammatica visione apocalittica, elevata sin dagli esordi a opera fondamentale per ripercorrere le tappe fondamentali della pittura rinascimentale. Non solo il ciclo orvietano aveva consacrato la fama (Per continuare la lettura corri in edicola e chiedi di Medioevo o abbonati!)
di Caterina Fioravanti
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