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Copertina di «Medioevo» n. 286, Novembre 2020
Medioevo

Medioevo n. 286 – Novembre 2020

Estratto dal Dossier «Un universo di enigmi»

Riprendendo una tradizione antichissima, inaugurata dalla Sfinge e dagli oracoli, anche il Medioevo fu un instancabile produttore di indovinelli, metafore, allusioni… E si trattò spesso di «giochi» raffinatissimi, in un intrigante incrocio di versi, prosa, citazioni e immagini, ideati dai migliori ingegni dell’età di Mezzo.

Se si pensa all’enigma possono venire in mente da un lato Edipo e la Sfinge, dall’altro i quadrettati settimanali di enigmistica in vendita nelle edicole, e cosí potrebbe sembrare che quella dell’enigma sia una vicenda che da una questione di vita o di morte si sia banalizzata nel passare dei secoli fino a diventare un cruciverbato passatempo domenicale.

Per certi aspetti è andata proprio in questo modo, ma in realtà, al di fuori o al di sotto del gioco dell’indovinello, tutti sappiamo benissimo che quello che ci tormenta è proprio la misteriosa questione della vita e della morte: la nostra esistenza è tutta un enigma, ed enigmatiche sono le risposte fornite dalle religioni alle nostre domande piú elementari.

Per i cristiani tutto il mondo è enigma, a partire da san Paolo, Pri- ma lettera ai Corinzi, 13, 12: «Noi ora vediamo attraverso uno specchio e in modo enigmatico, allora vedremo faccia a faccia». Qualsiasi enigma insomma non smette mai di evocare l’Enigma. E cosí nel Medioevo – epoca cristiana per statuto e ancora cosí poco scientifica – l’enigma diventa un bel banco di prova non solo per i teologi, tenuti per mestiere a spiegare l’inspiegabile, ma anche per molti scrittori che, grazie a ingegnosi indovinelli, faranno notevoli scoperte.

Alla ricerca di queste scoperte, tuttora efficaci nella nostra cultura, ci addentreremo adesso nei tempi e nei luoghi del Medioevo dove l’enigma, che è una domanda, ha saputo essere anche una risposta. L’avventura dell’enigma nel Medioevo ha un inizio curiosamente affollato di autori che, considerati nel loro insieme, ne hanno prodotto una sorta di enciclopedia. Come in ogni avventura che si rispetti, prima di iniziare il racconto c’è però da fare ricorso a un antefatto: il prologo in Africa.

Nel IV secolo, commentando un passo della Bibbia (Numeri, 21, 27), sant’Agostino incontra la parola «aenigmatistae», di cui non comprende bene il significato: «Il motivo per cui non è immediatamente chiaro che cosa siano gli aenigmatistae è che non c’è una simile consuetudine nella nostra letteratura, né tale nome si riscontra altrove nella Sacra Scrittura. Ma poiché sembra che cantino… non pare lontano dal vero che i cosiddetti aenigmatistae siano quelli che noi chiamiamo poeti, perché è abitudine dei poeti inserire nei loro carmi gli enigmi dei racconti fantastici per significare qualcosa».

Dunque, nella letteratura latina, al tempo del santo, non esistevano autori specializzati in enigmi, però Agostino coglie bene il nesso vitale che lega enigma e poesia. Ma solo pochi decenni dopo… (Continua la lettura sul numero di Medioevo o abbonati!!)

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