Estratto dal Dossier «La parola alle armi!»
Durante il Medioevo, per dirimere le questioni d’onore era assai comune il ricorso al duello. Seppure regolato da norme ben precise, si trattò tuttavia di un espediente cruento: i contendenti, infatti, miravano alla reciproca eliminazione fisica mediante l’uso di spade, lance e mazze ferrate. E la pratica non tardò a innescare dibattiti, soprattutto fra gli uomini di Chiesa…
La luce della luna illumina sinistramente la scena, ma per battersi è stata volutamente scelta la notte, perché il calore del sole avrebbe reso impossibile il duello. Non si dicono nulla, non occorre: ciascuno di loro sa che ha un solo compito. Uccidere. Si lanciano l’un contro l’altro, animati da odio feroce; lo scontro è tremendo e le lance vanno in pezzi, ma nessuno dei due ha la meglio. Si affrontano a piedi e snudano le spade: quella di Galafac è «molto grande ed era tòrta come le scimitarre de Turchi» e quando arriva addosso al Meschino «lo fece tutto tordire e mezzo uscí di sé».
Il prode cavaliere cristiano vacilla, ma non cade, anzi, con la sua spada ferisce alla gola il nemico. Ma nemmeno Galafac è un pappamolle: mena un fendente che spacca in due lo scudo di Guerrino, e, quando vede che l’avversario è in difficoltà, afferra lo spadone a due mani e comincia a tirare botte da orbi. Guerrino riesce a saltare di lato ed evita cosí di finire affettato; l’impeto di un colpo è talmente forte che la spada di Galafac si conficca nel terreno. Il Meschino tenta di approfittarne e di mozzargli le mani che tengono l’elsa, l’altro si ritrae, ma non riesce a evitare che una piattonata del cristiano gli mandi in pezzi la spada.
Galafac perde sangue come una fontana, ma afferra una mazza ferrata a tre palle e comincia a mulinarla: il Meschino prende qualche colpo, e non sono carezze. Galafac è piú robusto, ma il cristiano è piú agile e, soprattutto, ha dalla sua il «vero Dio» che, invocato, non gli nega aiuto. Cosí, quando un movimento lascia scoperta la guardia dell’avversario, Guerrino ne approfitta per menare un fendente all’altezza delle gambe e gliele taglia di netto.
Il duello è finito: al Meschino non interessa uccidere Galafac e lo lascia a terra in quelle condizioni. Sa che l’opera di macelleria sarà debitamente portata a termine di lí a poco dai suoi soldati, i quali, infatti, corrono verso il ferito «e quando l’ebbono morto, gli tagliarono la testa e recarolla nel campo in sun uno pezzo d’aste».
Colpo su colpo
Il cruento duello fra Guerrino e Galafac esistette solo nelle pagine di Andrea da Barberino e nelle fortunate storie che inventò, nei primi anni Venti del Quattrocento, per il suo Meschino di Durazzo, ma lo svolgimento dello scontro è paradigma veritiero del duello fra due cavalieri nel pieno Medioevo. Niente eleganti giochi di spada, né piroette e agili balzi su gradini, muretti o tavoli d’osteria; nessuna raffinatezza estetica, né immagini da film, ma…(Continua la lettura sul numero di Medioevo o abbonati!!)
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